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INSOSTENIBILI LEGGEREZZE DELL'EST Cronache dal festival
21 gennaio 2008
 

 

ED E’ ANCORA FESTIVAL!


La sera di un lunedì di fine gennaio una delle scelte più appropriate che possiate fare è quella di andare al cinema. Non restate a casa. Scegliete di andare al cinema.
Adesso che avete preso la decisione giusta non vi resta che dirigervi al Trieste Film Festival! Un festival che “si prende la briga” di tratteggiare e delineare il paesaggio umano e sociale dell’Europa dell’Est. Un momento unico per riuscire a vedere film che difficilmente passeranno in una sala cinematografica.

Il pomeriggio al cinema Excelsior, vengono proiettati documentari originali sulla rivoluzione praghese del 1968. Questi di oggi portano la firma di Edvald Schorm per “Zmatek”(Confusione); l’altro è “Ceskoslovenské Jaro 1968“ (La primavera cecoslovacca) con la regia di Bohuslav Musil ed Ivan Soeldner.

Se prediligete invece scelte più recenti c’è “Import Export” di Ulrich Seidl. Questo regista austriaco è l’autore noto soprattutto per “Hundstage”(Canicola), 2001, che vinse al festival di Venezia. La pellicola fu premiata nonostante l’opposizione del presidente della Giuria, Nanni Moretti. Ulrich Seidl è un creatore di immagini e storie provocatorie fino all’inverosimile, che non lascia mai tranquilli gli spettatori sulle loro poltrone.
È possibile che i film non vi piacciano, ma non date per scontato che non sia bello poterne parlare, discuterne anche con gli altri fuori dal cinema, magari fino a tardi.
All’Ariston si parla di gran soireé: alla presenza di Tullio Kezich si proietta “I ragazzi che si amano”, un film inchiesta del 1962 girato da Alberto Caldana. Un sorta di documentario incentrato sulla vita di quattro ragazzi, uno di questi finirà per suicidarsi a causa di un amore finito male. Questo un modo per omaggiare l’importante critico cinematografico triestino che incontrerà il pubblico mercoledì prossimo, sempre all’Ariston, alle ore 18.00.

Continuate a venire così numerosi. Ultimo suggerimento, date un’occhiate ai gustosissimi video diary…potreste esserci anche voi!


 

INCONTRI CON GLI AUTORI

E’ diventato oramai un appuntamento fisso all’ora del brunch l’incontro con gli autori presenti al festival. Gli spettatori più assidui si conoscono tra di loro, si salutano e si danno appuntamento alcuni minuti prima in modo da avere un po’ di tempo per commentare i film proiettati il giorno precedente. E le facce nuove che si accomodano sulle moderne e colorate sedie dell’Hotel Urban certamente non mancano, probabilmente attirate da qualche regista particolare o dalla presenza di un attore a loro particolarmente gradito.
Ancora una volta il programma è ricco, e si andrà avanti a chiacchierare e confrontarsi fino alle due, ora in cui viene sempre offerto un rinfresco e un bicchiere di frizzantino beneaugurante.

E’ presente la giovane regista lituana Giedrè Beinoriutè , che ha presentato in Sala Azzurra ieri sera il suo “Gyveno senelis ir bobute” (Nonno e nonna). E’ un documentario d’animazione ispirato alla vera storia dei nonni della regista, esiliati in Siberia nel 1948.
La Beinoriutè parla della tecnica utilizzata:”ho utilizzato le foto dei mie nonni perché erano l’unico materiale che avevo a disposizione. Quand’ero piccola mi piaceva manipolarle, ci giocavo, le amavo proprio per le loro piccole dimensioni”. La regista si sofferma poi sulle ragioni intrinseche che l’hanno spinta a creare il documentario: “quando dissi a mia madre che volevo raccontare la repressione sovietica in stile fiabesco, lei inorridì. Pensava che non si potesse trasformare in fiaba una tragedia del genere. Io non volevo raccontare un fatto storico, ma solo una storia di persone. E lo stile “racconto infantile” sarebbe stato meglio accettato dai miei connazionali, che fanno fatica solamente a parlare di quel periodo di repressione sovietica”. Interessante, sempre dal punto di vista tecnico, il ruolo preminente che la musica ha in questo documentario: “ avendo del materiale esiguo, abbiamo dovuto inventare dei suoni da assimilare a quelle foto silenziose”. La volontà da parte della Beinoriutè di dare un tono fanciullesco è reso ancor più evidente dalla scelta della voce narrante, che è quella di una bambina che vede e racconta tutti questi eventi.

Ospiti molto attesi, dopo la performance letterario-musicale-cinematografica di ieri sera al Miela, sono Massimo Zamboni e Stefano Savona. Lo storico fondatore dei gruppi musicali CCCP-fedeli alla linea e CSI-consorzio suonatori indipendenti ha presentato in anteprima assoluta per il Trieste film festival il suo ultimo lavoro “L’inerme è l’imbattibile”. Il regista Savona ha invece presentato il film documentario “il tuffo della rondine”, tratto da un’idea originale dello stesso Zamboni in cui si racconta del ritorno del cantante a Mostar, dieci anni dopo lo storico concerto fatto con i CSI. “Il mio lavoro” spiega il musicista emiliano” è composto da una serie di incroci di pensieri che vanno avanti da soli, che si evolvono continuamente fino ad oggi. La musica è come un ottimo mezzo di trasporto, ci porta verso i luoghi che vogliamo far scoprire”. Zamboni poi racconta soddisfatto delle emozioni trasmessegli da un giovane ragazzo di Mostar: “lo avevo visto la prima volta dieci anni fa, l’ho incontrato di nuovo nel mio ultimo viaggio in quelle zone e ho scoperto che è diventato un ottimo musicista: ha cominciato a fare musica dopo aver assistito al mio concerto”.
Savona spiega invece il suo rapporto con il cinema: “mi piace essere un documentarista perché non so costruire, mi piace raccontare quello che vedo. Il mio incontro con Massimo è stato particolare: gli argomenti che tratta lui mi erano sconosciuti, l’ultimo documentario che ho girato era su dei guerriglieri , tema che poco si assimila al concetto di “inerme”. E’ stato molto interessante scoprire storie nuove, nuovi punti di vista che non avevo mai provato”. Anche Zamboni parla del suo rapporto col regista: “Stefano ha bisogno di più tempo per digerire quello che sente, a me invece basta pochissimo, le mie cose sono già scritte dentro di me e vanno solo scoperte, nel vero e proprio senso di togliere la coperta. Siamo due opposti, per questo andiamo d’accordo”. I due si sono dati appuntamento in un futuro prossimo per lavorare ancora insieme su questo progetto, “magari – come ha detto Zamboni – per riuscire a rendere il tutto ancora più omogeneo, per unire film e musica, che alla fine secondo me sono la stessa cosa”.

“Allora ho capito che nessun animale potrebbe fare un passo senza scheletro, cioè senza quella struttura interna. E ho cominciato, coscientemente, a guardare bene gli alberi e le loro radici: come si collocano e fino a quale profondità arrivano sottoterra. Senza struttura non si fa niente…”. Questa frase, tratta dal libro a cura di Judit Pintér e Paolo Vecchi dal titolo “Radici – Il cinema di Istvàn Gaàl”, racchiude parte del pensiero del regista e, lato forse meno conosciuto ma sicuramente non meno interessante dal punto di vista artistico, fotografo ungherese Istvàn Gaàl. Sul poliedrico artista è in programma una rassegna monografica, che Annamaria Percavassi introduce: “avevo nel cuore questa rassegna da più di dieci anni. Alla fine siamo riusciti ad organizzarla insieme a Gaàl, lui ha scelto i film da presentare. Adesso non c’e’ più, ma rimarrà sempre dentro di noi”. Accanto alla direttrice artistica del festival siede Eva Vezer della Magyar Filmunis: “ c’è grande commozione, ma voglio parlar di vita. Vita che si nota in tutte le opere di Istvàn, come nella mostra fotografica che ci fa tornar alla mente la grande creatività dell’artista”.
Presente anche Angelo Bernardini, docente universitario e caro amico di Gaàl: “ho conosciuto Istvàn al centro sperimentale di Roma. Lui considerava l’Italia la sua seconda patria, tanto da volere la sua autobiografia in Italiano. È venuto a mancare prima che potessimo riuscirci, ma ci impegniamo tutti a pubblicarla entro la fine dell’anno”. La sala è piena, ci sono amici e colleghi del regista al tavolo dei relatori e tra il pubblico. “Ben vengano queste rassegne – ha continuato Bernardini – che servono a far conoscere un’artista poliedrico come Gaàl. Il leit-motiv dei suoi film era la richiesta di maggior rispetto per la dignità umana”.
Prende poi la parola Paolo Vecchi, curatore della rassegna, che racconta un simpatico soprannome con cui Gaàl chiamava Bernardini: “Angelo ha origini sarde, quindi Istvàn si divertiva a chiamarlo scherzosamente “Angelu”. Emozionato e soddisfatto di questa rassegna anche il regista Elemer Ragaly: “si dice che un uomo è vivo finché è ricordato, finché è nominato il suo nome, finché vengono proiettate le se opere. Quindi qui a Trieste Istvàn è ancora vivo”. La musicologa Judi Varbiro ricorda così il regista scomparso: “ho conosciuto Gaàl grazie ai suoi film, mi sono resa subito conto della sua professionalità, del suo punto di vista diverso. Aveva un grande interesse per tutti, per il mondo, per la gente, gli piaceva sapere riguardo ad ogni cosa, dalla musica all’astrologia”. Un Istvàn Gaàl che ha stregato più di una generazione: “esistono due generazioni che portano avanti Istvàn: una è la mia – dice Terez Vincze, giornalista della rivista Metropolis - che dieci anni fa ha fondato la rivista a lui ispirata. C’e’ un apprezzamento inoltre delle generazioni successive, abbiamo insegnato le idee umanistiche di Gaàl all’Università. Il linguaggio artistico del regista colpisce anche i giovani, nonostante siano di una società strutturata in maniera totalmente diversa”.
Istvàn Gaàl dunque continua con la sua arte ad affascinare gente di tutte le età. Oggi si è parlato a lungo di lui, è stato veramente un dibattito commovente in suo ricordo. Una bella giornata. E, come probabilmente avrebbe detto Gaàl, “che buongiorno voglia dire veramente buongiorno!”

“Si dice che un uomo è vivo fino a quando il suo nome viene pronunciato”.
Questo è il concetto chiave della conferenza di oggi, ricca di lacrime versate da persone a Gaál vicine, da persone a Gaál debitrici, da persone a Gaál sconosciute.
 

Photogallery: 21 Gennaio

Aperitivo al Viale 39

La location dell'aperitivo al Viale 39

L'aperitivo delle 19 al Viale 39

Cristina Sain al lavoro

Stiamo preparando una sorpresa per voi!

Judit Pintèr negli uffici Alpe Adria Cinema con Monica Goti

Gli schiantati!

Brane Završan attore in INSTALACIJA LJUBEZNI

	 Daniela Picoi e Brane Završan attore in INSTALACIJA LJUBEZNI

Daniela Picoi e Brane Završan attore in INSTALACIJA LJUBEZNI

 Maja Weiss regista INSTALACIJA LJUBEZNI e un'attrice

Maja Weiss regista INSTALACIJA LJUBEZNI

Janez Burger regista - NA SONCNI STRANI ALP

Elena Giuffrida con Janez Burger regista - NA SONCNI STRANI ALP

Cianci dopo il catalogo e... durante le giurie....

Evelyn e Edy ... sottotitoli... che stanchezza

omaggio a Istvan Gaal

Elemer Ragaly, regista

Elemer Ragaly, regista

Paolo Vecchi e Angelo Bernardini

Annamaria Percavassi e Judith Pinter

Angelo Bernardini, professore universitario e amico di lunga data di Gaal

Aspettando l'incontro con gli autori

Fabrizio Grosoli, selezionatore del concorso documentari, con Giedrè Beinoriutè

Giedrè Beinoriutè, regista del film

Savona e Zamboni ascoltano Giedrè Beinoriutè

Massimo Zamboni, autore di

Dibattito con Zamboni e Savona

Stefano Savona

Il pubblico di Zamboni e Savona

Zamboni calca il pavimento del festival

Annamaria Percavassi ed Eva Vezer, Magyar Filmunio

Un ricordo del grande maestro Istvàn Gaal

Paolo Vecchi, autore del libro

Angelo Bernardini, professore universitario e amico di lunga data di Gaal

I relatori dell'incontro in onore di Istvàn Gaal

Angelo Bernardini e Paolo Vecchi

Il dibattito su Istvàn Gaal

Elemer Ragaly, regista

Judi Varbiro, musicologa

Terez Vincze, giornalista di

La copertina del libro dedicato a Istvàn Gaal

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